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Il tema della successione ereditaria è molto complesso e certamente la sua gestione è resa più difficile dal dolore che i famigliari provano dopo la scomparsa di un loro caro. Per assolvere a queste incombenze, fortunatamente, ci si può rivolgere a un professionista preparato, cioè uno studio legale come quello dell’Avvocato Stefano Crivello, che si occupa nello specifico proprio di questioni legate a questo ambito.

Uno dei nodi focali è rappresentato dalle quote di legittima, ovvero le porzioni di patrimonio che devono essere distribuite ai congiunti più stretti secondo il volere del defunto e, soprattutto, a quanto stabilisce la Legge italiana. Di seguito faremo chiarezza su questo argomento, vedendo nel dettaglio in cosa consistono le quote di legittima, come vengono divise e come possono variare.

Quote di successione ereditaria legittima: che cosa sono.

Iniziamo a definire l’oggetto del nostro discorso precisando che cosa si intende quando si parla di quote di legittima. Si tratta di porzioni del patrimonio lasciate dal defunto che sono riservate a persone che rivestono un particolare ruolo di vicinanza nei confronti della persona in questione (ad esempio il coniuge), e non possono essere destinate altrimenti nemmeno se la volontà di chi è venuto a mancare fosse differente. Ciò perché la Legge del nostro Paese tutela i congiunti stretti. Così facendo, di fatto, limita la libertà della persona di disporre la successione attraverso il testamento, distinguendo, all’interno del patrimonio, una parte non disponibile, ovvero quella destinata ai congiunti stretti in quanto tali, e una parte disponibile, di cui chi effettua un testamento può disporre come meglio crede.

Le quote disponibili e non disponibili sono quindi complementari, trattandosi delle due parti che compongono il patrimonio, e dipendono dai legittimari, dal tipo di legame che avevano con il defunto e dal loro numero, secondo quanto stabilito dal Codice Civile. Più precisamente, gli articoli 536 e seguenti individuano il profilo dei legittimari che, fondamentalmente, coincidono con i figli, il coniuge e gli ascendenti. In caso di assenza dei figli, possono subentrare i genitori del defunto, oppure i discendenti dei figli se questi sono in precedenza venuti a mancare. A ciascuna di queste figure spetta una porzione precisa di patrimonio, chiamata anche quota di legittima o riserva, sulla quale il testamentario non può apporre alcuna condizione né onere.

Il diritto di riserva viene dunque esercitato diversamente a seconda delle situazioni. Ad esempio, se l’unico legittimario designato è il figlio o il coniuge, gli spetta metà del patrimonio. Nel caso del coniuge, si aggiungono i diritti di proprietà sulla casa e di utilizzo sui mobili in essa contenuti. Se i legittimari sono due figli e il coniuge, a ciascuno spetta un quarto del totale (un terzo ciascuno se non viene incluso il coniuge), mentre il residuo rappresenta la parte disponibile. Per quanto concerne gli ascendenti, invece, tra di essi verrà equamente diviso un terzo del patrimonio, mentre il restante è disponibile. In caso di compresenza tra coniuge e ascendenti, invece, al primo spetta metà del patrimonio, mentre i secondi suddivideranno un quarto in parti uguali.

Occorre precisare che i legittimari sono presenti indipendentemente dalla modalità con la quale è stata aperta la successione, ovvero con o senza testamento, seppure con tutele leggermente diverse.

Variazioni della legittima.

Chiarite le regole generali, passiamo a vedere nel dettaglio come e quanto può variare la quota della legittima in base ai diversi casi specifici di concorso tra i legittimari. La Legge, infatti, stabilisce nei minimi dettagli quale sia la porzione spettante a ciascuno, tenendo conto, come dicevamo in precedenza, anche del numero degli altri eredi.

Ad esempio, l’articolo 540 del Codice Civile riconosce il diritto di eredità al coniuge superstite, purché sia identificato con una persona alla quale il defunto è legato dalla Legge stessa. In questo caso, coniuge separato e non separato godono degli stessi diritti, tenendo conto anche della presenza possibile di altri legittimari, mentre il divorzio cambia le carte in tavola, dal momento che questo atto determina che non si possa più parlare propriamente di coniuge: l’ex coniuge, allora, non ha diritti di legittimità. In linea generale, se il coniuge concorre da solo o con i soli ascendenti, la Legge stabilisce che gli spetti non meno della metà dal patrimonio. In presenza di un figlio, la proporzione sarà di un terzo ciascuno, mentre due o più figli dovranno ereditare, congiuntamente, non meno della metà del patrimonio: in tal modo il diritto del coniuge si riduce a un quarto.

Ai figli spetta, per ciascuno, la medesima quota, come abbiamo visto in precedenza, mentre la questione relativa agli ascendenti è più complessa, dal momento che innanzitutto occorre determinare quando questi possano avere diritto all’eredità. In caso non vi siano figli né coniuge, agli ascendenti spetta un terzo del patrimonio complessivamente, che scende a un quarto in presenza del coniuge.

Come si può facilmente dedurre, il calcolo della quota di legittima che spetta a ciascuno dei legittimari è tutt’altro che un’operazione semplice e dipende da molteplici fattori che intervengono nel determinarne l’ammontare del valore. Naturalmente conta la valutazione patrimoniale di tutto quanto viene lasciato dal deceduto in sede di apertura della successione, ma l’entità del patrimonio deve essere calcolata anche tenendo conto di eventuali debiti a carico della persona defunta. Nel conteggio, inoltre, intervengono anche i beni che sono stati oggetto di donazioni.

Quota legittima e quota del patrimonio ereditario.

In base a quanto abbiamo detto finora, dunque, appare evidente che basarsi solo su quanto il defunto ha lasciato non basta per calcolare la quota di legittima. A questo punto entra in gioco il relictum, ovvero l’intero patrimonio che viene effettivamente lasciato al legittimario, comprensivo di diritti che la persona, in vita, aveva stanziato tramite donazioni. In pratica, se il defunto aveva predisposto per sua volontà che parte del suo patrimonio andasse ad altri tramite una donazione, qualora il coniuge si trovasse ad essere l’unico legittimario, gli spetterebbe allora tutto il patrimonio relitto.

In mancanza di un testamento sul quale fare affidamento, si procede con la successione legittima, che si differenzia dalla successione dei legittimari tramite quota legittima. La differenza risiede negli estremi che determinano la contrapposizione: alla successione legittima si oppone quella testamentaria, mentre alla quota di legittima quella disponibile. In particolare, in mancanza di un testamento, si fa riferimento all’articolo 553, che sancisce in modo preciso come le quote degli eredi che non rientrano tra i legittimari siano ridotte in maniera automatica, in modo da poter garantire la tutela degli eredi legittimari, la cui quota deve essere non inferiore a quanto stabilito dalla Legge.

Tuttavia, in presenza di atti notarili che testimonino un’avvenuta donazione (che sia diretta o indiretta) in favore dei legittimari (quando la persona scomparsa era ancora in vita), questi avranno il compito di legare alla loro la quota di legittima. Si tratta di un’operazione che viene definita imputatione ex se e, di fatto, consiste in un’espansione della porzione spettante del patrimonio in modo che ciascun erede legittimo riceva quanto gli spetta. In caso questo obiettivo non venga raggiunto nemmeno in tale modo, i legittimari potranno decidere di intraprendere un’azione di riduzione nei confronti dei donatori del defunto.

Una situazione diversa, invece, si crea quando la persona ha provveduto a disporre un testamento contenente le sue volontà. Anche in questo caso è possibile che alcuni legittimari siano stati lesi, essendo loro stata assegnata una quota inferiore a quella di legittima. Allo scopo di ripristinare la correttezza delle suddivisioni, costoro potranno decidere di impugnare il testamento, mettendo in atto una riduzione rivolta agli altri beneficiari, in modo da recuperare integralmente i loro diritti. Intraprendere questo tipo di dinamiche da parte dei legittimari è sempre possibile, a parte nei casi in cui la successione sia legittima ma non testamentaria. Al fine di poter procedere, comunque, occorre effettuare un passaggio preliminare che prevede l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario. Con questa espressione, definita all’interno dell’articolo 564 del Codice Civile, si includono le condizioni necessarie alle operazioni di riduzione destinate ai beneficiari di donazioni. In tal modo, gli eredi che vengono considerati come legittimari, vengono tutelati grazie a degli accertamenti costitutivi e alle azioni di riduzione che occorrono per reintegrare la quoti di legittima ridotta.

L’articolo 549 del Codice Civile: ulteriori tutele per i legittimari.

Infine, per completezza, occorre fare un accenno anche all’articolo 549 del Codice Civile, che parla di una ulteriore forma di tutela che viene messa in atto nei confronti degli eredi legittimari e prende il nome di nullità dei pesi (altrimenti conosciuta come condizioni sulla quota dei legittimari). Ciò non riguarda la totale assenza di condizioni nella quota di legittima, ma piuttosto le vere e proprie azioni di riduzione di cui abbiamo parlato poco fa. In pratica, questo articolo discrimina le situazioni in cui il legittimario ha il diritto di mettere in atto delle azioni di riduzione nei confronti di altri eredi al fine di reintegrare la sua quota totalmente e quelle in cui le sue disposizioni sono da considerarsi nulle. In particolare, questo caso sussiste quando l’erede legittimario viene istituito solamente nella quota di legittima. In questo caso, infatti, egli non può intervenire con provvedimenti di riduzione, che possono riguardare obbligatoriamente solo altre azioni lesive, derivanti, quindi, dalla successione testamentaria.

Se hai altre domande su aspetti legati alla quota di legittima o all’eredità non esitare a contattare lo Studio Legale Crivello, un suo avvocato ti fornirà la miglior consulenza possibile in materia.

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