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La captazione testamentaria consiste nell’aggiramento della volontà altrui con il quale taluno abbia indotto con dolo il de cuius a redigere un testamento in modo divergente dalla sua reale volontà. La Suprema Corte ha precisato la definizione di captazione nel seguente modo: “la captazione consiste nel creare nel testatore la fallace convinzione di determinare spontaneamente e liberamente la propria volontà“.

Il dolo nella captazione testamentaria

L’art. 624 del Codice Civile afferma che “La disposizione testamentaria può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse quando è l’effetto di errore, di violenza, o di dolo. L’errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa di annullamento della disposizione testamentaria, quando il motivo risulta dal testamento ed è il solo che ha determinato il testatore a disporre. L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui si è avuta notizia della violenza, del dolo o dell’errore“.

Un testamento perciò può essere viziato dal dolo, qualora il testatore sia stata tratto in inganno e raggirato con astuzie e artifizi a causa della sua debolezza psico fisica o infermità mentale.
La captazione è quindi volta ad orientare il suo volere per provocare una falsa rappresentazione della realtà. Non sono semplici suggerimenti o consigli, ma una vera e propria condotta fraudolenta.
In molteplici casi tale condotta viene messa in atto dalle persone che circondano il testatore, ormai debole e gravemente compromesso nella propria capacità di discernimento, isolandolo e circuendolo.

Rilevanza civile e rilevanza penale

È opportuno sottolineare che la condotta del deceptor, inteso come il soggetto che inganna, può avere rilevanza anche penale, in quanto la vittima può trovarsi in precarie condizioni fisiopsichiche.

Oltre agli effetti civili della captazione testamentaria che si traducono nell’annullabilità del testamento, si può affiancare l’aspetto penale. L’art. 643 del Codice Penale, afferma che la circonvenzione di incapace si configura nell’abuso dello stato d’infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, inducendo la medesima a compiere un atto che comporti un effetto giuridico dannoso per lei o per altri, a cui può aggiungersi l’aggravante della minorata difesa, di cui all’art. 61 n. 5 c.p.

Le prove dirette di captazione testamentaria, possono risultare di difficile reperimento e possono essere influenzate notevolmente, manipolate o celate dalle persone che circondano il testatore e con cui lo stesso trascorre la giornata. È necessario dimostrare che si siano usati mezzi fraudolenti che hanno tratto in inganno il testatore e orientato la sua volontà nel senso voluto dal deceptor.

La prova della captazione, afferma la Cassazione, può avere anche natura presuntiva, ma essa deve comunque fondarsi su fatti certi, che consentano di identificare e ricostruire l’attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore. Dunque, in assenza della dimostrazione dei suddetti mezzi fraudolenti, non è consentito confondere (e sostituire) questi ultimi con (la prova di) atteggiamenti di piaggeria, blandizia e affettuosità, i quali, sebbene appaiano eticamente discutibili, tuttavia, non integrano la previsione di legge (Cass. 11.04.2017 n. 9309.)

Ed ancora la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30424 del 17.10.2022 ha enunciato il seguente principio di diritto:

“la disposizione testamentaria può dirsi effetto di dolo, ai sensi dell’art. 624 c.c., comma 1, allorché vi sia prova dell’uso di mezzi fraudolenti che, avuto riguardo all’età, allo stato di salute, alle condizioni di spirito del testatore, siano stati idonei a trarlo in inganno, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso verso il quale non si sarebbe spontaneamente indirizzata; l’idoneità dei mezzi usati deve essere valutata con criteri di larghezza nei caso in cui il testatore, affetto da malattie senili che causano debolezze decisionali ed affievolimenti della consapevolezza affettiva, sia più facilmente predisposto a subire l’influenza dei soggetti che lo accudiscono o con cui da ultimo trascorrono la maggior parte delle sue giornate. Dette valutazioni costituiscono comunque apprezzamenti di fatto non sindacabili in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5″’.

La presenza del dolo determina quindi l’annullabilità del testamento, mentre la circonvenzione di incapace, ove dimostrata, ne provoca la nullità.

L’annullabilità assoluta

Nel caso in cui il testamento venga annullato per dolo, si parla di annullabilità assoluta.

L’annullabilità assoluta deriva quindi da vizi della volontà e di forma oppure si ha in caso di soggetti interdetti, infermi, o momentaneamente incapaci di intendere e di volere.

L’azione di annullabilità si prescrive in cinque anni: nel caso di incapacità di testare o di vizi di forma, decorre dal giorno stesso in cui è stata data esecuzione, nel caso di vizi di volontà, decorre dal momento in cui è stato rilevato l’errore, il dolo o la violenza.

Interessati e quindi titolati ad impugnare il testamento sono tutti coloro che ritengono di essere stati danneggiati dal testamento che abbia “leso” eventuali loro aspettative ereditarie e, quindi, oltre agli eredi cosiddetti “legittimari” (coniuge, ascendenti e discendenti in linea retta del testatore), gli altri eredi legittimi (parenti del defunto entro il VI grado) o, comunque, chi ritenga di avere subito una lesione dei propri diritti successori.

Tramite l’impugnazione del testamento si può ottenere l’annullamento o la dichiarazione di nullità integrale o parziale del testamento stesso, a seconda dell’illecito che verrà riscontrato.

È pertanto consigliato redigere un testamento con l’aiuto di un avvocato che fornirà un’assistenza legale nel rispetto delle norme che disciplinano il testamento olografo, per evitare incertezze sulle modalità espressive e soprattutto discriminazioni tra eredi legittimari.

L’avvocato può svolgere quindi un ruolo preventivo mirato alla formazione di un atto valido a tutti gli effetti, nonché un ruolo valutativo ex post, ovvero dopo l’apertura della successione, svolgendo un’attività di interpretazione delle clausole testamentarie, attività di conciliazione e negoziazione per definire e risolvere liti tra eredi cercando di evitare azioni giudiziarie. Laddove invece sospetti o rilevi la presenza di errore, violenza o dolo, come nella fattispecie della cosiddetta captazione testamentaria, l’avvocato esperto in successione procederà, per conto degli interessati, con l’impugnazione del testamento stesso.

Per contattare il Dott. Stefano Crivello ed avere ulteriori informazioni, è possibile visitare il sito web dello Studio Legale Crivello.

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