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Sei un agente di commercio e hai deciso di recedere dal tuo contratto? I termini di preavviso in merito alle dimissioni dal proprio mandato sono un argomento controverso che spesso crea delle grosse divergenze, fino a dover richiedere l’intervento di un legale.
Se hai intenzione quindi di recedere dal tuo contratto, è bene che tu sappia cosa stabilisce la legge e cosa stabiliscono gli Accordi Economici Collettivi.
In caso di dimissioni dell’agente di commercio, gli Accordi Economici Collettivi stabiliscono un preavviso di durata fissa:

  •  3 mesi per l’agente plurimandatario;
  •  5 mesi per l’agente monomandatario.

Si tratta di una durata che rimane sempre uguale e non tiene conto degli anni di durata del rapporto di agenzia.
Se è l’azienda che vuole “licenziarti”, gli A.E.C. (Accordi Economici Collettivi) prevedono di concedere all’agente un preavviso crescente in base agli anni di durata del contratto.

 

La norma che regola il preavviso del contratto di agenzia

Oltre agli A.E.C. esiste una normativa del codice civile che regola questo importante aspetto del rapporto di agenzia, ovvero l’ art. 1750, comma II del Codice Civile. Questa norma concede ad entrambe le parti la facoltà di recedere liberamente dal contratto a tempo indeterminato, senza alcuna motivazione, dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito.
Lo stesso articolo, al comma III, stabilisce i suddetti termini: 1 mese per il 1° anno; 2 mesi per il 2° anno; 3 mesi per il 3° anno; 4 mesi per il 4° anno; 5 mesi per il 5° anno ed, infine, 6 mesi per il 6° anno e per gli anni successivi.
Con questa normativa si vuole uniformare il diritto dell’agente a quello del mandante, rendendo uguale il tempo di preavviso per entrambe le parti. In ogni caso, se le parti si accordano per un termine più breve, la legge stabilisce che quello previsto a favore dell’azienda non può essere più breve di quello stabilito dal Codice Civile.

 

Quale differenza di tempistica per l’agente plurimandatario e monomandatario?

Gli Accordi Economici Collettivi hanno successivamente previsto, nel caso di risoluzione del rapporto da parte della mandante, una differenza di quantificazione del preavviso; tale differenza varia a seconda che l’agente di commercio operi come plurimandatario ovvero come monomandatario.
A tale proposito, l‘art. 1750, IV comma, Cod. Civ. riconosce espressamente alle parti la possibilità di concordare termini di preavviso di maggiore durata, anche se “il preponente non può osservare un termine inferiore a quello posto a carico dell’agente”.

 

Cosa significa?

Sui termini di preavviso la norma e gli A.E.C. creano una sostanziale differenza, che possiamo riassumente nel seguente modo.

  • Secondo il Codice Civile già dal 1° anno di lavoro, entrambe le parti possono recedere con un preavviso di 1 mese che diventa via via crescente fino al 6° anno di lavoro con un preavviso di 6 mesi.
  • Secondo gli A.E.C. dal 1 ° anno di lavoro in poi, l’agente plurimandatario deve dare sempre un preavviso di 3 mesi, mentre il monomandatario sempre di 5 mesi.

 

In caso di controversia, chi ha ragione? 

Il problema principale è che, nel caso in cui per esempio un agente comunica erroneamente un preavviso di 3 mesi, l’azienda non può di certo obbligarlo a lavorare per un periodo maggiore, ma può addebitargli i tempi di preavviso corretti, con la conseguenza che l’agente subirà l’addebito di una somma pari alle mensilità di preavviso non lavorate.

In altre parole, ciò rappresenterebbe una forma di invalidità e l’azienda potrebbe addebitare all’agente il maggior preavviso previsto dal Codice Civile.
E’ importante osservare che, laddove il contratto individuale contenga un rinvio alle disposizioni degli A.E.C. di settore, questo potrebbe prevedere dei termini superiori di preavviso, rispetto a quelli minimi garantiti dal Codice Civile.

 

Codice civile o AEC? 

Il ricorso alla disciplina collettiva rimane possibile solo qualora questa preveda delle condizioni più favorevoli per l’agente. In caso contrario, dovrà ritenersi applicabile unicamente la disciplina dettata dal citato art. 1750 Cod. Civ. In proposito, è importante evidenziare i criteri di diritto fondamentale del nostro ordinamento; essi impongono che gli A.E.C. vadano ad integrare e applicare quanto disposto negli articoli di legge sulla base del principio di inderogabilità in peius. Al contrario, è invece possibile che il contratto individuale si discosti dal contratto collettivo derogandolo in melius.

 

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